XIX GIORNATA EUROPEA CONTRO LA TRATTA | 18 OTTOBRE 2025

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mercoledì 15 Ottobre 2025

Quest’anno celebriamo i 25 anni del Sistema Italiano contro la Tratta e il Grave Sfruttamento.

Negli anni ’90 nelle strade di molte città italiane cominciarono ad arrivare molte donne, minori e persone trans* costrette a prostituirsi. In realtà fin dagli anni ’80 era cominciata la tratta dalla Nigeria, ed erano presenti anche persone trans*, in maggioranza italiane e brasiliane. Ma dopo la caduta del muro di Berlino arrivarono molte persone dall’Albania e dai paesi dell’ex blocco sovietico (Romania, Polonia, Bulgaria). Si trattava di un fenomeno nuovo e di dimensioni importanti, contraddistinto da violenza, crudeltà, riduzione in schiavitù, sequestri, stupri, torture, compravendita di persone. La nuova situazione procurò molte preoccupazioni alle amministrazioni locali, soprattutto per l’allarme sociale legato alla diffusione delle Malattie a Trasmissione Sessuale, su tutte l’AIDS, che in quegli anni non era ancora curabile in modo efficace.

Alcune amministrazioni lungimiranti come Venezia, Bologna e Torino si sono poste il problema di capire il nuovo fenomeno ed intervenire, così come alcune realtà del terzo settore, che già avevano sviluppato esperienza nel lavoro di strada grazie all’impegno con le persone tossicodipendenti e le pratiche della Riduzione del DannoRiduzione del danno La riduzione del danno e/o dei rischi si configura come un approccio metodologico che ha per obiettivo l’implementazione di azioni che possano garantire, a chi agisce comportamenti a rischio, la prevenzione o la riduzione delle conseguenze fisico-psicologico-sociali ad essi associate.. Tra queste realtà c’era l’Associazione di volontariato On the Road, fondata nel 1994.

Il fortunato incontro tra l’allora Ministra delle Politiche Sociali Livia Turco e questi enti, tra cui anche il Gruppo Abele, il Comitato per i Diritti Civili delle Prostitute, il Movimento d’Identità Transessuale, fece si che all’interno del Testo Unico Immigrazione (la Turco-Napolitano, profondamente modificata in peggio dopo pochi anni dalla Bossi-Fini) fu inserito l’art. 18, che permise la nascita del sistema italiano, operativo appunto dall’anno 2000, 25 anni fa. Gli elementi fondamentali della nuova legge erano la concessione di un permesso di soggiorno per motivi umanitari alle vittime di tratta e sfruttamento e il loro inserimento in programmi di protezione sociale, gestiti da enti accreditati all’interno di progetti territoriali che cominciarono ad essere finanziati nel 2000.

In questi 25 anni abbiamo visto il mondo cambiare, e con esso anche il fenomeno della tratta e del grave sfruttamento ha subito trasformazioni importanti. Il processo di globalizzazione dei mercati, la crisi economica ormai strutturale dell’Europa (in particolare dell’Italia), l’allargarsi della forbice tra super ricchi e classi medie impoverite e deluse dalla politica, le migrazioni forzate che oggi riguardano decine di milioni di persone, l’affermazione lenta ma costante di una nuova visione dei rapporti tra generi – e la reazione rabbiosa di molti maschi cresciuti nel paradigma patriarcale – lo smantellamento dello stato sociale e la privatizzazione della sanità, il mondo virtuale che cannibalizza quello reale.

Oggi la tratta di esseri umani e lo sfruttamento non sono più legati ad iniziative di singoli delinquenti intraprendenti, ma sono organizzati su larga scala, con metodi spesso legali e sono diventati parte del sistema economico mainstream. È sempre più difficile trovare il confine tra economie legali ed economie illegali, a volte è più una questione di forma che di sostanza.

La caduta del tenore di vita, per molti la discesa nella povertà, degli autoctoni ha incrociato la crisi demografica, e il contemporaneo aumento della presenza di persone di altri paesi che cercano da noi una vita e un futuro per lɜ loro figlɜ, che non potevano dargli nell’amato paese di origine. E in tutto l’occidente si diffonde la lettura al contrario delle cause e degli effetti: è la presenza dellɜ migranti che peggiora la nostra vita e, questo nonostante, sono sempre più frequenti casi di grave sfruttamento e caporalato che coinvolgono i nomi del “miglior Made in Italy”, dimostrando che questɜ immigratɜ di notte riempiono i sonni turbati di moltɜ italianɜ, ma di giorno – e anche di notte – lavorano 10 o 15 ore per permettere che le consegne siano fatte in tempo, per raccogliere olive e pomodori, per portarci a casa la pizza ancora calda.


Noi come ente del terzo settore mettiamo in campo interventi sociali cercando di migliorarci continuamente. Le vittime di tratta e di sfruttamento le andiamo a cercare per parlarci dove vivono e dove lavorano. Le supportiamo nelle denunce, nei processi, nei percorsi per costruirsi la loro vita futura. Andiamo nei CPIA e nei CAS per dare allɜ migranti strumenti per non farsi sfruttare informando su cos’è un contratto, cos’è una busta paga. Collaboriamo con le Forze dell’Ordine, con le Prefetture, con gli Ispettorati del Lavoro per prevenire e contrastare lo sfruttamento, abbiamo ottimi rapporti con aziende sane che non solo non sfruttano, ma si impegnano per valorizzare la voglia di lavorare di persone che escono dai programmi di protezione. E siamo orgogliosɜ di lavorare prevalentemente con fondi pubblici, perché siamo parte di un sistema di welfare che restituisce i diritti negati.

Ma come realtà della società civile dobbiamo dire che la principale causa della tratta e dello sfruttamento non sono le reti criminali, ma le nostre società che discriminano, emarginano, cercano il nemico nel più debole. Un sistema che impedisce la regolarizzazione di migliaia di persone che stanno lavorando e contemporaneamente favorisce, attraverso il sistema dei flussi migratori mal gestito, la precarietà e l’irregolarità, e quindi lo sfruttamento, anche per ripagare gli enormi debiti contratti per arrivare nel “primo mondo”.

Noi continuiamo a lavorare giorno dopo giorno. Sappiamo che “esistono ancora gli sfruttati, i malpagati, i frustrati, i repressi, calpestati, picchiati, odiati, derubati, sottomessi, disgregati…”. Li incontriamo tutti i giorni. E abbiamo scelto molti anni fa da che parte stare, e ogni giorno rinnoviamo la nostra scelta.

Buon 18 Ottobre a tuttɜ.

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