Servizio civile con On the Road L’esperienza di Federica
Un anno di servizio civile con la Società Cooperativa Sociale On the Road. Cosa significa? Quali esperienze, competenze ed emozioni mi porterò a casa? Abbiamo pensato di farvelo raccontare direttamente dai nostri volontari di servizio civile nell’anno 2017-2018. Questo è quello che ci hanno riportato.
Le nostre domande a Federica, volontaria di servizio civile nell’ufficio drop-in dell’Area Tratta e Sfruttamento.
C: Servizio civile con On the Road, di cosa ti sei occupata?
F: Durante quest’anno, ho svolto il mio servizio civile nell’ufficio drop-in della Cooperativa On the Road. È uno sportello a bassa sogliaSportello a bassa soglia Lo sportello a bassa soglia è un servizio di emersione collocato presso luoghi ad alta fragilità sociale, che garantisce l’accesso facilitato di target vulnerabili e che, attraverso le equipe multidisciplinari, fornisce interventi in risposta a bisogni primari (cibo, igiene, beni di prima necessità, etc…) e/o a bisogni complessi (salute, casa, regolarizzazione, fuoriuscita da condizioni di marginalità sociale, etc…). dove offriamo ascolto, orientamento e aiuto e dove ci occupiamo di fare i colloqui di identificazione con persone migranti potenziali vittime della tratta di esseri umani.
Inizialmente, ho assistito Sara e Stefania nello svolgimento di compiti burocratici e di segretariato sociale. Ma con il passare del tempo mi sono stati affidati compiti di importanza sempre maggiore.
Ho iniziato sistemando gli appunti presi durante i colloqui con alcune ragazze nigeriane. In questi colloqui le ragazze iniziano ad aprirsi ed emergono vissuti inimmaginabili.
C: Che cosa ti rimarrà di questa esperienza?
F: Non scorderò mai il giorno in cui ho assistito al primo colloquio con una donna vittima di tratta.
Era una ragazza della mia età. Io ero emozionata, curiosa e un po’ spaventata perché non sapevo esattamente come comportarmi.
La ragazza aveva lasciato la sua famiglia e suo figlio in Nigeria, su consiglio di una cara amica che chiamava “Mama”. Questa le aveva promesso un lavoro che potesse offrire a suo figlio qualche opportunità in più.
Aveva fatto un lungo viaggio per arrivare in Libia, disseminato di violenze e difficoltà. E una volta giunti a Tripoli, non c’era nessun lavoro ad aspettarla. La proposta di Mama era di guadagnarsi da vivere in una connection house, dove avrebbe dovuto prostituirsi per ripagare il debito di viaggio. Insomma Mama più che un’amica era una sfruttatrice, una madame.
Lei non ci sta, tenta di scappare. Alla fine viene venduta ad un altra donna che la sfrutterà per dei mesi in Italia.
Durante il racconto la sua voce tremava e lo sguardo era perso nel vuoto, ma le parole erano chiarissime.
Io vedevo la sua fragilità mista alla sua forza e pensavo a quando vediamo queste persone da lontano, identificandole solo nel loro ruolo di prostitute, e ne abbiamo paura. Penso a questa ottusa e inumana chiusura.
C: Che cosa ti porterai a casa a livello professionale?
F: Stefania e Sara, che mi hanno accompagno e seguito facendomi crescere sia professionalmente che umanamente, grazie a loro ho capito cosa significa lavorare con impegno, passione e professionalità e di quanto l’unione di questi tre aspetti sia essenziale per ottenere il risultato migliore. In questo ambiente ho avuto uno spazio per esprimere le mie idee e i miei dubbi. Ora mi sento più pronta ad affrontare il mercato del lavoro.
Servizio Civile ad On the Road
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