Una riflessione sulla campagna “anti-puttane” del Comune di Montesilvano

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mercoledì 27 Marzo 2019

l Comune di Montesilvano, in Abruzzo, ha promosso una campagna mediatica anti-prostituzione con tanto di manifesti, conferenza stampa e spot video. Lo slogan è “Non mandare a puttane la tua famiglia” accompagnato dalle ancora peggiori “non mandare a puttane la tua vita, la tua dignità, la tua salute”. In un articolo, uscito su Il Centro, il Sindaco ha risposto alle molte persone che hanno condannato questa campagna che ri-vittimizza chi già è sfruttata e costretta a prostituirsi, che la parola puttana non deve scandalizzare perchè è entrata nel lessico quotidiano.  Ecco una nostra riflessione in merito. 

On the Road lavora sul territorio Abruzzese, in particolare Pescara, da quasi vent’anni e coordina i progetti antitratta del Dipartimento Pari Opportunità nelle Regioni di Marche Abruzzo e Molise. In Abruzzo un nostro partner attuatore è la Fondazione Caritas Diocesana Pescara Penne e insieme a loro conduciamo uscite di strada nel territorio di Pescara e nei comuni limitrofi.

Ogni anno contattiamo in strada, negli appartamenti, nei centri di accoglienza, le persone vittime di tratta a scopo di sfruttamento sessuale, ma anche di sfruttamento nell’accattonaggio, e sfruttamento lavorativo. Incontriamo più di 800 persone ogni anno. Moltissime vengono dalla Nigeria: negli ultimi anni centinaia di loro sono morte attraversando il deserto, sono state torturate in Libia, moltissime sono morte in mare. In un solo naufragio del 2016 sono morte 34 ragazze nigeriane. Sta scritto in un libro di Alessandro Leogrande: La frontiera.

Ci vuole tempo per conquistare la fiducia di chi è soggiogata, sottoposta a torture, riti religiosi, a cui si minacciano madri o figlie rimaste a casa.. e ci vuole molto lavoro investigativo e molta collaborazione con FFOO, le Procure, la Direzione Antimafia, per arrivare alla condanna dei colpevoli, degli sfruttatori. Abbiamo lavorato a lungo, ad esempio, con i ROS dell’Aquila in un’indagine che ha portato ad un processo in cui sono stati condannati 16 sfruttatori nigeriani, e un italiano.

Le ordinanze

Nel 2009, quando il Decreto Sicurezza Maroni permise ai sindaci di fare ordinanze contro la prostituzione ne osservammo, insieme a Gruppo Abele, Caritas, CNCA e ASGI, gli effetti e poi scrivemmo un report che presentammo al Senato nel Luglio del 2009, e che è ancora in rete. In questo report dicevamo che, a parte il clamore mediatico temporaneo e la riduzione di presenza nelle strada nel periodo per un breve periodo, le ordinanze non avevano sortito grandi effetti. In particolare perché non essendoci in Italia una legge contro la prostituzione spesso le multe venivano impugnate, e i multati vincevano i ricorsi. Molte ordinanze si appellavano al decoro urbano o al comune senso del pudore, altre al codice della strada.

Ora siamo tornati alle ordinanze, alle multe per giungere addirittura alle campagne mediatiche, come quella sponsorizzata di recente dal Comune di Montesilvano.

Leggiamo questa notizia: A fine anni ’90 il sindaco Gallerati fece illuminare la pineta, istituì il terzo turno di notte dei vigili e permise di fotografare le targhe delle auto dei “clienti”, che contrattavano le prestazioni con le lucciole. A quell’epoca l’amministrazione disponeva di 40 vigili, più 10 stagionali. Oggi la polizia locale è ridotta a sole 26 unità e questo fa la differenza; per fortuna saranno installate altre 20 telecamere per controllare i punti strategici.

Dalla notizia si evince che:

  • Già negli anni 90 si tentò di contrastare il fenomeno in modi simili e non ci si riuscì
  • Le forze della polizia municipale sono state ridotte da 40 a 26 persone. Questo sforzo di controllo del territorio sembra essere estremamente costoso: potrebbe non durare a lungo, lasciando tutto come prima

Il messaggio della campagna

Utilizzare la frase “mandare a puttane” , nel senso di “mandare in malora” sarebbe già un errore: la parola “puttana” è sessista e misogina di per sé, è utilizzata spesso per condannare moralisticamente condotte individuali non accettate da alcuni (per idiosincrasie individuali o culturali). È da sempre l’accusa che viene fatta a donne libere, così erano chiamate le partigiane dai fascisti, così erano chiamate le donne che non erano vergini, che “volevano i pantaloni”, o che chiedevano il divorzio.

Sdoganare l’utilizzo del termine puttana per finalità pubblicitarie (“Non mandare a puttane la tua auto, portala dal meccanico” ad esempio) sarebbe sbagliato.

Utilizzarla per comunicazioni istituzionali, dove si suppone che l’ente locale abbia anche una funzione educativa, di guida, di esempio, ci sembra ancora più sbagliato. È un messaggio che non educa, è un messaggio che condanna, che offende.

Ma utilizzarlo indicando le prostitute (che si dividono in una piccola percentuale che avendo poche altre possibilità ha potuto decidere di farlo, e una stragrande maggioranza che è costretta a prostituirsi, sottoposta a violenze, stupri) e accusarle di essere loro lo strumento con cui il cliente rovinerebbe la sua salute, la sua famiglia, la sua dignità, la sua vita, sembra un’infamia che queste donne non meritano proprio.

Queste donne non sono puttane. Nessuna donna è puttana.

È un messaggio misogino, sessista e violento, caratteristico di questi tempi in cui si fomentano i sentimenti bassi, il disprezzo, l’umiliazione.

Giusto responsabilizzare i clienti, giusto denunciare lo sfruttamento.

Ancora più giusto arrestare gli sfruttatori, e indagare sui loro legami con l’economia locale. Se si scopre ad esempio che una società proprietaria di immobili stringe un sodalizio con un gruppo che sfrutta le prostitute in appartamento, allora si colpiscano gli sfruttatoti e i loro soci.

Affermare che le prostitute siano lo strumento per la rovina della famiglia, della dignità, della salute, getta su di loro molta responsabilità che sicuramente non hanno, ma che fanno riecheggiare antichi e (speravamo) sorpassati epiteti come “rovinafamiglie”.

Il rischio per la salute è veicolato quasi esclusivamente dai clienti che non vogliono utilizzare i profilattici, mettendo LORO a rischio la salute delle prostitute. Perché nessuno ha il coraggio di fare delle campagne rivolte ai giovani sul sesso sicuro.

Gli uomini vanno educati al rispetto delle donne: l’utilizzo di massa della prostituzione è la conseguenza di una difficoltà nei rapporti di genere, di una necessità degli uomini di esercitare potere e dominio sulle donne.

Per ottenere una reale diminuzione della domanda di prostituzione bisogna educare al rispetto delle donne, bisogna condannare ogni machismo, anche verbale, simbolico, di cui questi slogan sono fulgidi esempi.

Messaggi sessisti come questi, che offendono e colpiscono tutte le donne indistintamente (e francamente anche tutti gli uomini), rafforzano la distanza tra i generi, condannano le vittime per colpe che non hanno, e sottendono una cultura verbale violenta, patriarcale, misogina.
La stessa cultura su cui si fonda l’”andare a puttane”.

di Fabio Sorgoni, Responsabile Area Tratta e Sfruttamento, On the Road Società Cooperativa Sociale

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